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Il treno, l'homeless e la soluzione italica

(30/11/2014) - Ieri, sabato 29 novembre, alle 14 circa a Reggio Emilia, sul treno fermo in stazione, due o tre "Italie" a confronto, con tutte le nostre contraddizioni. Un presumibile barbone di nazionalità incerta - ma gli insulti in italiano li sapeva benissimo - non ha il biglietto. Il controllore tenta un'estenuante trattativa iniziata forse fin da Fiorenzuola. Non ne viene a capo, non riesce nemmeno a farlo scendere. A Reggio arrivano due robusti poliziotti... Il treno resta fermo, lo voglion far scendere ma per qualche ragione non usano la forza. E comunque lui minaccia di non schiodarsi mai, urla. I due in divisa minacciano a parole ma non riescono a smuoverlo. Impotenza o "policy" aziendale? Il ritardo si accumula minaccioso, i passeggeri cominciano a perdere la pazienza e rumoreggiano. Iniziano discussioni tra etnie e tra italiani. Fossimo in America vedresti. Qui non c'entra italiano o no, dibattono uno bianco e uno di colore, il biglietto va pagato. Le istituzioni comunque - polizia e pubblico ufficiale - non ne vengono a capo. Un giovane prende in mano la situazione. Negozia con il decisissimo personaggio che gli darà 5 euro per scendere. Siccome non li ha, chiede colletta al volo agli esasperati passeggeri. Mi precipito a dargli la mia parte. Alla fine la spunta, glieli darà però solo se scende. Deve farsi aiutare perché è - o sembra - claudicante. Rifiuta l'aiuto del poliziotto, mentre il ragazzo, senza troppi scrupoli igienici, lo sostiene. Sulla banchina, il sospettoso e tetragono barbone conta in maniera lenta e scrupolosissima gli spiccioli. Non è finita. Un italiano trova da dire con il giovane. "Lei, così democratico... quelli lì van portati e lasciati nei campi...!". Un altro, coraggiosissimo a posteriori, si mette ad insultare il barbone dal finestrino (gli dico di piantarla, che il treno deve ripartire e non vorrei innescasse altri stop). Per farla breve, quel giovane ha risolto quel che le istituzioni non volevano o non potevano risolvere. Alla stazione di Bologna lo rivedo e lo ri-ringrazio per aver schiodato il treno. Per alcuni eran meglio manette all'americana (ma farebbero così, dopo quel che successo a Ferguson?). Per altri è stato il solito assistenzialismo italico senza attributi. Io l'ho ritenuta quell'arte tutta italiana e saggia di arrangiarsi e di dirimere conflitti senza guerre e senza sangue, alla faccia delle istituzioni impotenti. Forse è un caso di sussidiarietà diplomatica. Se aspettavamo l'azienda e lo stato, eravamo ancora fermi a Reggio, perse tutte le coincidenze. Ma lo so bene che il caso è controverso. Dopo la ripartenza tanto attesa, un gracchiante messaggio dell'azienda ferroviaria ha chiesto scusa per il ritardo dovuto a cause estranee. Dite la vostra, se volete. GV

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