(21/04/2013) - Questa classe politica ha una grave colpa (tra le altre). Quella di pretendere di esaurire in sé, nei propri schemi, la rappresentazione della società. Lo si è visto nella vicenda Quirinale. Oltre a pretendere di essere rappresentative dell'intera società, alcune sue singole parti non riconoscono cittadinanza politica ad altre parti politiche, arrivando voler imporre nelle cariche di tutti chi pare a loro, naturalmente presumendo che sia anche la migliore rappresentazione possibile del popolo. In democrazia, nel Parlamento, nella società, l'altro esiste e può non pensarla come me. Occorre "rassegnarsi" al fatto che gli altri, che non la pensano come me, ci sono e devono avere voce in capitolo. Anzi, è bene che sia così... Detto questo, nell'elezione del capo dello stato, la politica è chiamata a dare una rappresentazione, approssimativa ovviamente, della società italiana, non di se stessa. Abbiamo tutti visto la vasta e indecorosa inadeguatezza di costoro (grillini inclusi). Se il capo dello stato è il "portavoce" del popolo, allora che sia il popolo ad eleggerlo. A chi paventa, per evitare questa improrogabile e assoluta necessità, che il popolo potrebbe votare demagoghi e assecondare pulsioni imprevedibili, segnaliamo che il doppio turno alla francese costringe tanto la classe politica quanto il popolo a dei compromessi. Quando in Francia andò al ballottaggio lo spauracchio Le Pen, la stragrande maggioranza dei partiti e del popolo accettò un compromesso ragionevole e votò Chirac ben oltre il consenso reale di cui godeva. Quindi, poche balle e si vada a questa elezione diretta. Se non del presidente, allora del capo del governo. Uno dei due è il minimo. Oggi come oggi il presidente della Repubblica, chiunque esso sia ed anche se fosse in gamba, rappresenta solo, per approssimazione, questa classe politica. Non il popolo.
gv